Page 111 - Sotto il velame
P. 111

245
           trattato leggeva anche la ragione di questa maggior gravità : «in
           ogni ingiustizia corre molto divario, se l'ingiuria si commetta per
           un qualche turbamento dell'animo (animi), turbamento che per lo
           più è breve e lì per lì, o a bella posta e a caso pensato. Chè sono
           più leggeri i torti che accadono per qualche repentino moto, di
           quelli che si fanno dopo premeditazione e preparazione». Ebbene
           chi dirà che Dante non abbia preso a Tullio quel simbolo del leo-
           ne per la violenza o malizia di cui ingiuria è il fine, cioè ingiusti-
           zia con forza? Ma poi trovava la vulpecula per rappresentare la
           frode. E sì, avrebbe presa anche quella, come se ne ricordò per
           Guido da Montefeltro, di cui dice le opere «non leonine ma di
                                               246
           volpe», e «le volpi sì piene di froda» , come se ne ricordò per la
           «cuna del trionfal veiculo» , quando dopo l'aquila, a simboleg-
                                      247
           giare la persecuzione dei tiranni, cioè la violenza contro la chiesa,
           pone la volpe a simboleggiare l'eresia, la cauta e fraudolenta ne-
           mica; avrebbe presa anche la volpe, se così piccolo e vile anima-
           le, che Cicerone stesso abbassava con quel diminutivo di spregio,
           non gli fosse dispiaciuto. Dopo il ruggito del leone, il guaito della
           volpe! questo più spaventevole di quello! E far la volpe assetata
           di sangue umano, divoratrice di genti, porgitrice di gravezza con
           la paura che usciva di sua vista! Dante cercò un'altra bestia; e ne
           trovò, ne' bestiarii del suo tempo, una adatta anche più della volpe
                                             248
           a significare la frode. Trovò la lupa .
              Il lupo, per limitarci a qualche cosa di ciò che se ne diceva, il
           lupo  è «crudele; spia l'assenza dei cani e dei pastori; insidia i
               249
           chiusi delle pecore; ulula orrendamente; veduto prima che egli

           245   De off. I 8, 27.
           246   Inf. XXVII 75; Purg. XIV 53.
           247   Purg. XXXII 109-120.
           248   Rimando per illustrazione maggiore allo studio «Per una nuova interpreta-
              zione dell'allegoria del Primo canto» del bravo quanto modesto prof. L. M.
              Capelli.
           249   Questo è nell'Appendix delle opere di Hugo de Sancto Victore, Ed. Migne
              III p. 131.


                                          111
   106   107   108   109   110   111   112   113   114   115   116