Page 89 - Poemi del Risorgimento
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e cavalieri, e tutto il piano era aspro
come di fulva ruggine di ferro.
- Romani voi? Partiti sì da Roma,
ma non Romani. Dove i pili e i valli?
Che v'appiattate sotto il fosco ferro? -
Ed altre schiere ecco venir dall'Alpi
traboccando dall'alto arco dell'ampia
porta d'Italia. Per il ciel sereno
in faccia ad essi era una bianca croce.
Stupore ebbe le genti, e il condottiere
- Prendi l'insegna della tua vittoria! -
udì. Vinsero in vero, e le lor brevi
spade la via trovarono del sangue
sotto le squamme, in mezzo al vostro cielo
restò, Taurini, quella bianca croce,
ora lucente nell'azzurro, ed ora
scialba, e da un triste nimbo incoronata;
finché quel segno fu dalla vittoria
ripreso in mano, quando, o Italia, forte
martire, Italia, delle genti, orlavi,
recando in alto la tua verde palma,
la veste bianca di purpureo sangue.
E Roma intanto dalle sette cime
era crollata, e dell'Esperia guasta
da ferro e fuoco, nulla più che l'ombra
era, del nome. E tempo corse, e il nome
anche svanì, come in un rogo immenso
ultima brilla e muore una favilla.
Duca era allora dei Taurini un uomo
di quei barbari, che nemici a Roma
avea la biondeggiante Elba mandati.
Il duca era partito per le liete
nozze del re, per le fiorenti mense.
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