Page 87 - Poemi del Risorgimento
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coi fidi amici, o nella molle cera
                                            solchi imprimea col vomere, gittando
                                            in quella il seme del suo gran pensiero.
                                            Ora i fasti romani, ora le guerre
                                            per terra e mare, e il mondo vinto, e, in mezzo
                                            ai suoi trionfi e alla sua pace, Roma;
                                            or meditava arguti versi e dolci
                                            esili carmi, e si beava il cuore.
                                            Qui mentre un dì cadea la neve a fiocchi,
                                            dicono, entrò nella capanna trista
                                            d'un re selvaggio. Largo il re, di latte
                                            giovò gl'ignoti, e loro appose i frusti
                                            d'uno stambecco. E la coorte in tanto
                                            motti avventava contro il re dei monti,
                                            gran cacciatore, e l'un mostrava all'altro
                                            quel re seduto sulla panca al fuoco,
                                            rugoso in fronte ed accigliato. Ed uno
                                            disse: «E' mi pare il dio Cernunno, il dio
                                            della ricchezza, con le corna in capo.»
                                            Cesare, grave, disse allora: «Io primo
                                            sia qui piuttosto che secondo in Roma!»
                                            Regolo alpino, tu balzasti allora,
                                            a un tratto, su, dalla massiccia panca.
                                            Di nera luce ardevano al Romano
                                            gli occhi mortali; dalle tue pupille,
                                            splendeano ignude due cerulee spade.
                                            Nel focolare arse più chiaro il fuoco,
                                            vampeggiò, crepitò, fece faville.
                                            E per le forre, con un'eco arcana
                                            dell'infinito, a lungo mugliò una
                                            raffica, come se parlasse il Tempo.
                                            Allora avanti Cesare quel Gallo,
                                            irto di peli il labbro, stette, e parve



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