Page 71 - Poemi del Risorgimento
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sacre, e il pomerio grande ora cingeva
                                            grande un sepolcro. E il sole che la vide
                                            tacita, a poco a poco calò, lento
                                            sfiorando con un alito di luce
                                            le cupole e i lunghissimi obelischi;
                                            e poi nel trarre fuori il dì, tentando
                                            invano di svegliarla dal gran sonno,
                                            stupiva di vederla altra e la stessa.
                                            Suono non v'era se non d'improvviso
                                            crollo di muro o il tonfo di finestre,
                                            cui si provava di serrare il vento.
                                            Talvolta andando e riandando i corvi,
                                            gracchianti, a stormo, quel letargo strano
                                            scotean, nell'ira, d'uomini e di cose.
                                            E molti discendean dall'Aventino
                                            foschi avvoltoi, che ripetean l'augurio
                                            natale, in alto, sulla città morta.
                                            E poi notturna i cuccioli la volpe
                                            guidava, e le basiliche del Foro
                                            cauta girava e le colonne antiche.
                                            E dopo i lunghi secoli le lupe
                                            del tempo primo vennero, cercando
                                            gli antri per l'alte sedi imperïali.
                                            Parean, destati dal lor sonno i templi,
                                            aperti stare, stare ed aspettare
                                            i sacerdoti immemori. Giaceva,
                                            abbandonata per i sette monti,
                                            Roma. E le acquate assidue la battono
                                            e le raffiche rapide del vento,
                                            e la fiammante folgore del cielo
                                            ormai fa divampare il rogo.



                                                     IL NOME CELESTE

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