Page 25 - Poemi del Risorgimento
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GARIBALDI FANCIULLO A ROMA
PEPIN
I
L'isola sacra, l'isola dei morti
aveano a poggia, piena d'asfodeli.
Là bianchi i morti, volti alla marina,
sui tumoleti, tendono le mani
al sole occiduo. Ora al chiaror dell'alba
v'erano voci di piombini e chiurli.
E la tartana lontanò. Ma il vento
batté la vela e sibilò nei fiocchi;
e sorse allora un mozzo biondo, il figlio
del padron vecchio, col grondante remo;
e stette a prua guardando muto il fiume,
l'Albula chiara, del color d'argilla;
a cui d'estate non mescean le pioggie,
non i ghiacciai, ma grandi opachi laghi,
sotterra, ignoti. E contro lui correva,
fremendo al sommo, il Tevere immortale.
Ma il vento salso avea seguito a volo
dal mar tirreno il marinar fanciullo,
e fischiò tra gli stragli e arruffò fresco
la lunga sua capellatura fulva.
II
La prua solcava l'ombre ora di glauchi
canneti in fiore, ora di rade quercie.
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