Page 56 - Primi poemetti
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e d’altra vita: un’aria celestina

                         che regga molte bianche ali sospese...



                         sì, gli aquiloni! È questa una mattina

                         che non c’è scuola. Siamo usciti a schiera
                         tra le siepi di rovo e d’albaspina.




                         Le siepi erano brulle, irte; ma c’era

                         d’autunno ancora qualche mazzo rosso
                         di bacche, e qualche fior di primavera




                         bianco; e sui rami nudi il pettirosso
                         saltava, e la lucertola il capino

                         mostrava tra le foglie aspre del fosso.



                         Or siamo fermi: abbiamo in faccia Urbino

                         ventoso: ognuno manda da una balza

                         la sua cometa per il ciel turchino.



                         Ed ecco ondeggia, pencola, urta, sbalza,

                         risale, prende il vento; ecco pian piano

                         tra un lungo dei fanciulli urlo s’inalza.



                         S’inalza; e ruba il filo dalla mano,

                         come un fiore che fugga su lo stelo
                         esile, e vada a rifiorir lontano.




                         S’inalza; e i piedi trepidi e l’anelo

                         petto del bimbo e l’avida pupilla
                         e il viso e il cuore, porta tutto in cielo.




                         Più su, più su: già come un punto brilla
                         lassù lassù... Ma ecco una ventata

                         di sbieco, ecco uno strillo alto... - Chi strilla?






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