Page 22 - Poemii italici
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fruscìo di frondi e sgrigiolìo di brine;
che impara a volo il sibilo dell’ale
sue stesse aperte... Anch’ella, sì, la romba
dell’ale sue, la vergine immortale!
Fermava il volo sopra la sua tomba,
tremulo; appiè, gli accordi avea del mare
che sciacqua, stride, squilla, urla, rimbomba.
Cantava ella, chiamando al lor passare
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lo sciame, a sé, degli attimi disperso,
e nel ronzante piccolo alveare,
libero, e suo, chiudeva l’Universo!
III
Ed ora è ancora, l’esile fanciulla,
quella che fu. Tutto le par novello.
Ancor non parla: canta; e non sa nulla.
Tutto è fanciullo, tutto è suo gemello,
nato con lei; perciò le piace, e l’ama;
e perché l’ama, è così buono e bello!
Ell’è terrena verginetta grama,
ma il sole è pure della sua famiglia;
e quando va, lo piange e lo richiama.
Sbocciano, dopo, sotto oscure ciglia
occhi ridenti. Sono le sue suore;
tutta la notte ella con lor bisbiglia.
Qualcuna scende fino a lei: ne muore.
Ma le ritrova in mezzo alle corolle,
essa, dei fiori, ancor tremanti il cuore.
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