Page 99 - Poemi conviviali
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l'anima pura, ecco che tremò tutta
come l'ombra di un nuovo esile pioppo:
«Non la so!» disse, e nel pallor del Tutto
vanì. L'etèra si rivolse ad una
anima santa e flebile, seduta
con tra le mani il dolce viso in pianto.
Era una madre che pensava ancora
ai dolci figli; ed anche lei rispose:
«Non la so!»; quindi nel dolor del Tutto
sparì. L'etèra errò tra i morti a lungo
miseramente come già tra i vivi;
ma ora in vano; e molto era il ribrezzo
di là, per l'inquïeta anima nuda
che in faccia a tutti sorgea su nei trivi.
E alfine insonne l'anima d'Evèno
passò veloce, che correva al fiume
arsa di sete, dell'oblìo. Né l'una
l'altra conobbe. Non l'avea mai vista.
Myrrhine corse su dal trivio, e chiese,
a quell'incognita anima veloce,
la strada. Evèno le rispose: «Ho fretta.»
E più veloce l'anima d'Evèno
corse, in orrore, e la seguì la trista
anima ignuda. Ma la prima sparve
in lontananza, nella eterna nebbia;
e l'altra, ansante, a un nuovo trivio incerto
sostò, l'etèra. E intese là bisbigli,
ma così tenui, come di pulcini
gementi nella cavità dell'uovo.
Era un bisbiglio, quale già l'etèra
s'era ascoltata, con orror, dal fianco
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