Page 102 - Poemi conviviali
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solide, e con cupo impeto rimbomba.
                                            E l'anima di Glauco era travolta
                                            nell'acqua eterna, e or lanciata contro
                                            le roccie liscie, or tratta dal risucchio
                                            giù. Né un raggio di luce, ma una romba
                                            senza pensiero, e senza tempo il tempo.
                                            Quando, un flutto sboccò con un singulto
                                            in un crepaccio, e Glauco sgorgò dentro
                                            l'antro sonante, e si trovò su l'onda
                                            d'un nero fiume che correa sotterra
                                            rapacemente. Ed era tutto un pianto,
                                            un pianto occulto, il pianto dopo morte,
                                            oh! così vano, le cui solitarie
                                            lacrime lecca il labile lombrico.
                                            E il fiume cieco del dolor sepolto
                                            portò Glauco vicino alla palude
                                            Acherusìade, ove tra terra e acqua
                                            errano l'ombre a cui la morte insegna,
                                            e che verranno ad altra vita ancora,
                                            quando il destino li rivoglia in terra.

                                               E vide le aspettanti anime Glauco
                                            sul denso limo, a cui l'urtava il flutto,
                                            e gridò Glauco, alto, e chiamò la madre:
                                            «Madre che offesi... madre che percossi...
                                            madre che feci piangere... Ma vengo
                                            sul fiume eterno, o mamma, a te, del pianto!
                                            O mamma che... feci morire! E morto
                                            ti sono anch'io; nato da te! più morto!
                                            Sì: t'ho percossa. Ma non sai con quanta
                                            forza alle scabre roccie mi percuota
                                            l'acqua laggiù, nel baratro; e che buio
                                            laggiù! che grida! Oh! mai non fossi nato!



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