Page 106 - Poemi conviviali
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SILENO

                                               - Figlio di Pan, figlio del dio silvestre
                                            che nei canneti sibila e frascheggia,
                                            là, nell'Asopo, e frange a questa rupe
                                            il lungo soffio della sua zampogna;
                                            tornar nell'ombra io volli a te, Sileno,
                                            ora che tace la diurna rissa
                                            del maglio e della roccia, or che non odo
                                            più lime invide, più trapani ingordi;
                                            or che gli schiavi qua e là sdraiati
                                            sognano fiumi barbari; e la luna
                                            prendendo il monte, il monte di Marpessa,
                                            piove un pallore in cui tremola il sonno.
                                            Sono un fanciullo, sono anch'io di Paro;
                                            Scopas il nome; palestrita: ed oggi,
                                            coronato di smilace e di pioppo,
                                            correvo a gara con un mio compagno:
                                            e giunsi qui dove gl'ignudi schiavi
                                            Paflàgoni con cupi ululi in alto
                                            tender vedevo intorno ad una rupe
                                            le irsute braccia ed abbassar di schianto.
                                            Ecco, il compagno rimandai soletto
                                            al grammatista e al garrulo flagello;
                                            ma io rimasi ad ammirar gl'ignudi
                                            schiavi intorno la rupe alta ululanti.
                                            Su sfavillìo di cunei l'arguto
                                            maglio cadeva; e io seguia con gli occhi
                                            l'opera grande della breve bietta,
                                            ch'entra sottile come la parola,
                                            poi sforza il masso, come quella il cuore;
                                            quando, con uno scroscio ultimo, il blocco



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