Page 94 - Poemi conviviali
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e seguì l'orma querula e si vide
                                            a un verde stagno che fiorìa di gialle
                                            rose palustri e candide ninfee.
                                            Come egli giunse, la canora rana
                                            tacque, e lo stagno gorgogliò d'un tonfo.
                                            Or egli prima nello stagno immerse
                                            le mani e a lungo stropicciò la rea
                                            con la non rea: di tutte e due già monde
                                            del pari, fece una rotonda coppa,
                                            e la soppose al pìspino. Né bevve.
                                            L'acqua era nera come morte, e rossi
                                            come saette uscite dalla piaga
                                            erano i giunchi, e livide, di tabe,
                                            le rose accanto alle ninfee di sangue.

                                               E Mecisteo fuggì dal nero gorgo
                                            chiazzato dalle rose ampie del sangue;
                                            fuggì lontano. Or quando già l'ardente
                                            foga dei piedi temperava, un tratto
                                            sentì da tergo un calpestìo discorde:
                                            due passi, uno era forte, uno non era
                                            che dell'altro la sùbita eco breve:
                                            onde il suo capo inorridì di punte
                                            e il cuore gli si profondò, pensando
                                            che già non fosse il disugual cadere
                                            di goccie rosse dentro l'acque nere,
                                            né la lontana torbida querela
                                            di quella rana, ma pensando in cuore
                                            ch'era Ate, Ate la vecchia, Ate la zoppa,
                                            che dietro le fiutate orme veniva.
                                            Né riguardò, ma più veloce i passi
                                            stese, e gli orecchi inebrïò di vento.




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