Page 91 - Poemi conviviali
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sul rumor delle foglie e delle fonti,
                                            un dolce canto pieno di querele
                                            e di domande, un nuvolo di strilli
                                            cadente in un singulto grave, un grave
                                            gemere che finiva in un tripudio.
                                            E il buon Ascreo diceva: «Ecco, fu tolto
                                            il sonno, tutto al querulo usignolo
                                            che così piange per la notte intiera,
                                            né sotto l'ala mai nasconde il capo;
                                            ma solo mezzo, a quella cui la sera
                                            gemere ascolta e riascolta l'alba.
                                            Miseri! e un solo è il lor dolore, e forse
                                            l'uno non ode mai dell'altro il pianto!»

                                               E lo schiavo diceva: «Oh! non è pianto
                                            questo né l'altro. Ma la casereccia
                                            rondine ha molti i figli e le faccende,
                                            e sa che l'alba è un terzo di giornata;
                                            e dolce a quegli che operò nel giorno,
                                            viene la sera, e lieto suona il canto
                                            dopo il lavoro. E l'usignol gorgheggia
                                            tutta la notte né vuol prender sonno...
                                            ch'egli non vuole seppellir nel sonno,
                                            avere in vano dentro sé non vuole
                                            un solo trillo di quel suo dolce inno!»
                                            Così parlava. E sorse aurea la luna
                                            dalla montagna, ed insegnò la strada
                                            al buon Ascreo, che mosse con lo schiavo.
                                            A mano a mano lo accoglieva il canto
                                            degli usignoli, fin che su l'aurora
                                            gli annunzïò ch'era vicino un tetto,
                                            una garrula rondine in faccende.




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