Page 53 - Poemi conviviali
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reggere un filo pendulo sul flutto;
ma il lungo filo tratto giù dal piombo
porta ai pesci un adunco amo di bronzo
che sì li uncina; e ne schermisce il morso
un liscio cerchio di bovino corno.
Ché l'uomo, quando è roso dalla fame,
mangia anche il sacro pesce che la carne
cruda divora. Io vidi, anzi, mortali
gittar le reti dalle curve navi,
sempre alïando sui pescosi gorghi,
come le folaghe e gli smerghi ombrosi.
E vidi i pesci nella grigia sabbia
avvoltolarsi, per desìo dell'acqua,
versati fuori della rete a molte
maglie; e morire luccicando al sole.
Ma non vidi senz'amo e senza rete
niuno mai fare tali umide prede,
o vecchio, e niuno farsi mai vivanda
di tali scabre chiocciole dell'acqua,
che indosso hanno la nave, oppur dei granchi,
che indosso hanno l'incudine dei fabbri.
E il malvestito al vecchio Eroe rispose:
Tristo il mendico che al convito sdegna
cibo che lo scettrato re gli getta,
sia tibia ossuta od anche pingue ventre.
Ché il Tutto, buono, ha tristo figlio: il Niente.
Prendo ciò che il mio grande ospite m'offre,
che dona, cupo brontolando in cuore,
ma dona: il mare fulgido e canoro,
ch'è sordo in vero, ma più sordo è l'uomo.
Or al mendico il vecchio Eroe rispose:
O non ha la rupestre Itaca un buono
suo re ch'ha in serbo molto bronzo e oro?
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