Page 139 - Poemi conviviali
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V

                                            E così, piange, poi che giunse anelo:
                                            piange dall'occhio nero come morte;
                                            piange dall'occhio azzurro come cielo.


                                            Ché si fa sempre (tale è la sua sorte)
                                            nell'occhio nero lo sperar, più vano;
                                            nell'occhio azzurro il desiar, più forte.


                                            Egli ode belve fremere lontano,
                                            egli ode forze incognite, incessanti,
                                            passargli a fronte nell'immenso piano,

                                            come trotto di mandre d'elefanti.


                                                             VI

                                            In tanto nell'Epiro aspra e montana
                                            filano le sue vergini sorelle
                                            pel dolce Assente la milesia lana.

                                            A tarda notte, tra le industri ancelle,
                                            torcono il fuso con le ceree dita;
                                            e il vento passa e passano le stelle.

                                            Olympiàs in un sogno smarrita
                                            ascolta il lungo favellìo d'un fonte,
                                            ascolta nella cava ombra infinita

                                            le grandi quercie bisbigliar sul monte.





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