Page 132 - Poemi conviviali
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Le mietitrici avean ripreso il canto
tra l'orzo biondo, e risonava al canto
l'aspro citareggiar delle cicale.
E disse Lachon: «Troppo bella, o sacra
isola Ceo! Chi nacque in te, che volle
morire altrove? Ma sei poca a tanti!»
A cui Panthide: «Poca sì... ma Delo
appena morti i figli suoi bandisce.
Partono i morti dalla sacra Delo
sopra la nave nera, esuli, e vanno
mirabilmente pallidi, sul mare,
alla Rhenèa dove non son che morti;
e sole capre e pecore selvaggie
belano errando sopra il lor sepolcro.»
Lachon pensava e su la palma il capo
reggea dubbioso. «Io mi ricordo» ei disse
«un inno udito, ora è molt'anni, in Delfi,
lungo l'Alfeo: Siamo d'un dì! Che, uno?
che, niuno? Sogno d'ombra, l'uomo!»
L'ombra di lui teneva su la palma il capo:
pensava, a piè dell'albero; e vicine
stridere udiva l'ombre delle foglie.
IV
L'INNO ANTICO
Poi raccolti i lor fasci di cicute
sorsero entrambi, e dissero: Va sano!...
Va sano!... E ritornavano cogliendo
ancor pei greppi i fiori della morte.
Esalava il canùciolo e il serpillo
odor di cera e dolce odor di miele.
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