Page 22 - Il pozzo e il pendolo
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Osservai che ormai dieci o dodici oscillazioni ancora
avrebbero messo in contatto immediato l’acciaio col
mio vestito, e con questa osservazione mi entrò nell’ani-
mo la calma acuta e concentrata della disperazione. Per
la prima volta da molte ore, forse da giorni, pensai. Ero
legato con una corda di un sol pezzo. Su qualunque par-
te della legatura fosse caduto, il primo colpo della falce
avrebbe dovuto allentarla in modo da permettere alla
mia mano sinistra di svolgerla interamente dal mio cor-
po. Ma come diventava terribile, in questo caso, la vici-
nanza dell’acciaio! L’effetto della minima scossa sareb-
be stato mortale. Era possibile, del resto, che gli agenti
del supplizio non avessero preveduto e provveduto per
questa possibilità? Era probabile che la fascia mi attra-
versasse il petto nel percorso del pendolo? Trepidante di
vedermi sparire anche quella debole e verosimilmente
ultima speranza, alzai la testa tanto da poter vedere di-
stintamente il mio petto. La fascia mi legava le membra
e il corpo in tutti i sensi, eccetto che nel percorso della
falce omicida.
Avevo appena lasciato ricadere il capo nella posizione
di prima, quando mi balenò alla mente quello che saprei
definire solo come l’altra metà indistinta del pensiero di
liberazione al quale ho già alluso, e di cui una sola metà
mi aveva attraversato vagamente il cervello, nell’atto di
portarmi il cibo alle labbra ardenti. Adesso l’idea intera
era presente – vaga, appena ragionevole, appena definita
– ma completa. Mi posi all’istante, con la nervosa ener-
gia della disperazione, a tentarne l’esecuzione.
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