Page 23 - Il pozzo e il pendolo
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Da parecchie ore il suolo circostante al tavolato su cui
ero disteso, formicolava letteralmente di topi. Erano ec-
citati, arditi, affamati, i loro occhi rossi fissi su di me,
come se non attendessero che la mia immobilità per far-
mi loro preda. “A qual genere di cibo” pensai “sono stati
abituati in quel pozzo?”
A dispetto di tutti i miei sforzi per impedirlo, essi
avevano divorato, salvo un piccolo resto, il contenuto
del piatto. La mia mano aveva contratto un movimento
abituale di va e vieni verso il piatto; e col tempo, la uni-
formità macchinale del moto le aveva tolto ogni effica-
cia. Nella loro voracità, le schifose bestiole mi ficcava-
no spesso le zanne acute nelle dita. Con gli avanzi che
mi restavano della carne oleosa e pepata, stropicciai for-
te la legatura dovunque potevo arrivare; poi; ritirando la
mano dal suolo, rimasi immobile e senza fiatare.
Da principio i voraci animali furono spaventati dal
cambiamento, dall’improvviso cessare del moto. Indie-
treggiarono allarmati; molti ritornarono nel pozzo. Ma
ciò per un momento solo. Non avevo calcolato invano
sulla loro voracità. Osservando che rimanevo immobile,
uno o due dei più arditi saltarono sul tavolato e annusa-
rono la fascia. Questo sembrò il segnale di un’invasione
generale. Nuove truppe si precipitarono fuori del pozzo.
Si attaccarono al legno, lo scalarono e saltarono sul mio
corpo a centinaia. Il moto regolare del pendolo non li
molestava affatto; evitando i suoi colpi lavoravano di
lena sulla fascia oleosa. Si spingevano, brulicavano,
s’ammonticchiavano continuamente su di me. Si divin-
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