Page 21 - Il pozzo e il pendolo
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cità dall’alto in basso con quella laterale. A sinistra, a
destra, al largo, lontano, con l’urlo di uno spirito danna-
to, e poi sino a rasentarmi il cuore, col passo furtivo del-
la tigre! Urlavo e ridevo alternativamente, secondo l’i-
dea che prendeva in me il sopravvento.
Giù – certezza senza remissione – sempre più giù!
Oscillava ormai a tre pollici dal mio petto! Con uno
sforzo violento, furioso, tentai di liberare il braccio sini-
stro. Era libero soltanto dal gomito alla mano. Potevo
con difficoltà portare la mano dal piatto posto vicino a
me sino alla bocca, ma non oltre. Se mi fosse riuscito di
spezzare le legature al disopra del gomito, avrei afferra-
to il pendolo e tentato di fermarlo. Sarebbe stato come
provare a fermare una valanga! Giù – sempre, incessan-
temente – sempre inevitabilmente più giù. Affannavo e
mi torcevo a ogni vibrazione. A ogni oscillazione mi rat-
trappivo convulsivamente. Gli occhi seguivano il pen-
dolo nel suo impeto ascendente e discendente con la
smania della più insensata disperazione; si chiudevano
spasmodicamente al momento della discesa. Benché la
morte sarebbe stata un sollievo, oh! quale indicibile sol-
lievo! tremavo in ogni fibra a calcolare quale piccolo
abbassamento della macchina poteva ormai bastare a
precipitarmi sul petto quell’ascia affilata e lucente. Ed
era la speranza che mi faceva tremare in ogni fibra, che
mi faceva tirare indietro con tutto il mio essere. Era la
speranza che trionfa anche sul patibolo, che parla all’o-
recchio dei condannati a morte, anche nelle segrete del-
l’Inquisizione.
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