Page 11 - Il pozzo e il pendolo
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ventose da non potersi ripetere che a bassa voce. Ero io
forse condannato a morir di fame in quel mondo sotter-
raneo di buio; o quale altra sorte, forse anche più tre-
menda, mi attendeva? Che il risultato dovesse essere la
morte, e una morte di una amarezza eccezionale, non
potevo dubitare, conoscendo troppo bene il carattere de’
miei giudici. Tutto quello che mi occupava e mi tormen-
tava era il modo e l’ora.
Le mie mani protese incontrarono finalmente un osta-
colo solido. Era un muro che pareva costruito di pietra,
molto liscio, umido, diaccio. Lo seguii, camminando
con quella prudente diffidenza che mi avevano ispirata
certe antiche narrazioni. Però questo aggirarmi non mi
dava il mezzo di stabilire le dimensioni del mio carcere,
poiché potevo farne il giro e ritornare al punto donde
ero partito senza accorgermene, tanto perfettamente uni-
forme sembrava il muro. Cercai allora il coltello che
avevo in tasca allorché mi condussero al tribunale inqui-
sitoriale; ma era sparito; i miei vestiti erano stati sosti-
tuiti da una veste di ruvida saia. Mi era venuta l’idea di
conficcar la lama in una screpolatura dell’intonaco, per
poter fissare e quindi ritrovare il mio punto di partenza.
La difficoltà, tuttavia, era minima; ma nel disordine del-
la mia mente mi sembrò dapprima insormontabile.
Stracciai un pezzo dell’orlo del mio vestito e lo posi per
terra in tutta la sua lunghezza, ad angolo retto col muro.
Seguitando il mio cammino a tastoni intorno alla segre-
ta, non potevo fare a meno di ritrovare quello straccio,
al termine del giro. Così almeno supponevo ma non ave-
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