Page 9 - Il pozzo e il pendolo
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della sentenza, della mia debolezza, del mio svenimen-
           to. Poi la completa dimenticanza di quello che seguì; di
           tutto quello che molto tempo dopo, e dopo molta appli-
           cazione, sono riuscito vagamente a ricordare.
              Non avevo intanto aperto ancora gli occhi. Sentivo
           che ero disteso sul dorso, senza legami. Allungai la
           mano e pesantemente essa cadde su qualche cosa di
           umido e duro. La lasciai vari minuti così, e intanto mi
           sforzavo d’indovinare dove potessi essere, che cosa fos-
           se avvenuto di me. Ero impaziente di servirmi degli oc-
           chi, però non osavo. Avevo paura della prima occhiata
           sugli oggetti intorno a me. Non che mi aspettassi di ve-
           dere cose orribili. Era anzi l’idea che non ci fosse nulla
           da vedere ad atterrirmi. Finalmente, con un’angoscia
           pazza nel cuore, aprii rapidamente gli occhi. I miei pre-

           sentimenti più terribili si avveravano. Il buio della notte
           eterna mi circondava. Feci uno sforzo per respirare.
           L’intensità delle tenebre sembrava opprimermi, soffo-
           carmi. L’aria era insopportabilmente pesante. Restando
           a giacere immobile, cercai di esercitare la ragione. Fer-
           mai il mio pensiero sul modo di procedere dell’Inquisi-
           zione, e partendo da questo punto mi provai a dedurre la
           mia vera condizione. La sentenza era stata pronunciata;
           e mi pareva che fosse passato molto tempo da allora.
           Però, nemmeno per un istante, supposi di essere morto.
           A dispetto di quanto si legge nei romanzi, una simile
           idea è del tutto incompatibile con l’esistenza reale. Ma
           dove e in che stato mi trovavo? Sapevo che di solito le
           sentenze di morte venivano eseguite negli auto-da-fè, e


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