Page 5 - Il pozzo e il pendolo
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Impia   tortorum   longos   hic   turba   furores
                               Sanguinis innocui non satiata, aluit.
                            Sospite nunc patria, fracto nunc funeris antro,
                               Mors ubi dira fuit, vita salsque tenent.
                            Distici composti per le porte di un mercato che
                            doveva essere eretto sul posto del Club dei Gia-
                            cobini, a Parigi.



              Ero affranto, stremato di angoscia mortale per quella
           lunga agonia; e quando finalmente mi sciolsero e potei
           sedermi, sentii che perdevo i sensi. La sentenza – la ter-
           ribile sentenza di morte – fu l’ultimo degli accenti di-
           stinti che mi giunse alle orecchie. Dopo, il suono delle
           voci degli inquisitori parve perdersi in un ronzio indefi-
           nito di sogno. Quel suono destava in me l’idea di una
           rotazione, probabilmente perché nell’immaginazione si
           associava al ritmo di una macina da mulino. Ma tutto
           questo non durò che poco; ben presto non udii più. Tut-
           tavia per qualche tempo ancora, vidi, ma con quale terri-
           bile esagerazione!... Vidi le labbra dei giudici vestiti di
           nero. Mi parevano bianche, più bianche del foglio sul
           quale ora traccio queste parole; e sottili, sottili sino al
           grottesco, sottili per l’intensità della loro espressione di
           durezza, di risoluzione irrevocabile, di severo disprezzo
           del dolore umano. E vidi uscir da quelle labbra i decreti




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