Page 8 - Il pozzo e il pendolo
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stati momenti in cui ho sognato di riuscirvi; istanti bre-
vissimi nei quali ho evocato ricordi che a mente fredda,
più tardi, ho avuto la sicurezza di poter riportare a quel-
lo stato di apparente incoscienza. E queste larve di ricor-
di mi parlano di grandi forme indistinte che mi solleva-
rono e in silenzio mi portarono in giù – in giù – sino a
che la stessa idea dell’infinita discesa non mi riempì
d’orribile vertigine. Mi parlano anche di un vago terrore
che mi prese l’anima in ragione, appunto, della sovran-
naturale calma che avevo nel cuore. Poi mi danno il sen-
so di una improvvisa immobilità delle cose, come se al-
lora quelli che mi trasportavano (spettrale corteggio!)
avessero oltrepassato nella discesa i confini dell’infinito
e si fossero fermati nella stanchezza della loro fatica.
Dopo di questo una sensazione di basso e di umido; e
poi tutto è pazzia, la pazzia di una mente che si agita fra
cose proibite.
All’improvviso ritrovai il suono e il movimento, il
moto tumultuoso del cuore, e, all’orecchio, il suono dei
suoi battiti. Poi una pausa, nella quale tutto era vuoto.
Poi di nuovo il suono, il movimento e il tatto, una vibra-
zione, un formicolio che si sperdeva nell’essere. Poi la
semplice coscienza di esistere, senza il pensiero; condi-
zione che durò a lungo. Poi, improvvisamente, il pensie-
ro; e un terrore frenetico, e uno sforzo concentrato di ca-
pire il mio vero stato. Poi un desiderio vivissimo di rica-
dere nell’insensibilità. Poi un subitaneo rivivere dell’a-
nima, e un tentativo di muovermi, che riuscì. E allora la
piena memoria del processo, dei giudici, dei drappi neri,
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