Page 46 - Odi e Inni
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Non c’è più palco, più città, più bagno;
                         la scure io fusi, io fransi le catene –.

                         Io risposi: «Oh! se avessi uno a compagno!»



                         E il monte: – Non hai me? – «Quel dalle vene
                         vuote, il mio uomo, accetterei pur quello».
                         E il monte: – Quello, non fui io, sai bene! –



                         «Oh! basterebbe al negro ora sol quello».

                         – Ma... stava in te! Se aprivi un po’ le dita... –
                         «Oh! che il negro non vuole altri che quello!»



                         – Io do la morte, non ridò la vita –.
                         «E dà la morte ancora a me!» Ben sai

                         che pur fo questo, se non mi s’invita;


                         ma non, per questo, egli vivrà più mai –.






                                                            V


                         Io, sì, vivevo; ma sol io, confuso

                         del mio strisciare, io solo, ancora; io ero
                         l’unico verme d’un sepolcro chiuso.



                         E il sonno della morte era leggiero
                         agli altri, più che a me la vita. O peso

                         di due morti, non una, entro il pensiero!



                         Quello a cui prima il sangue avevo io preso,
                         era il più queto. Egli tra l’erba folta
                         fu, prima dell’atroce ora, disteso.



                         Avrei voluto sussurrargli: «Ascolta:

                         io t’ho rubato qualche giorno appena!»
                         Ma sì! per fin la tomba era sepolta!



                         E la Montagna Calva, con la lena
                         continua del suo polso indifferente,

                         sperdeva in aria un alito di rena;


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