Page 51 - Odi e Inni
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chiude un segreto murmure, uno sciame
d’api canore.
Anch’io son teco. Son partito all’alba
dal mio San Mauro. Sotto la rugiada
era, tra siepi ingombre di vitalba,
bruna la strada.
E nei cantieri ondavano le messi
con, sopra, un volo taciturno e nero
di rondinelle. E c’erano i cipressi
d’un cimitero.
E un primo raggio balenò dal mare
sopra i cipressi: e se n’udìa lontano
un pispillìo d’uccelli, un conversare
d’anime, piano
piano. Io seguiva. Ed era fermo e solo,
che ancor dal cielo non pioveva il caldo,
nella mia strada, udendo l’usignolo
piangere a Gualdo.
A Gualdo, solo e fermo ero, press’una
siepe fiorita, assai grande, assai folta:
c’era al suo piede il resto d’una bruna
croce travolta.
E nella siepe si pasceva un mondo
di coccinelle; e dalla sua fiorita
sorgeva un gaio strepito, un giocondo
rombo di vita.
E io seguiva. O forse non conosco
la mia Romagna, i suoi villaggi, i doppi
delle sue chiese? Non è quello il Bosco
grigio tra i pioppi?
Il Bosco chiaro per l’agreste fiera
di San Lorenzo? di quel dì... Ma sono
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