Page 133 - Odi e Inni
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Nérito corre per primo,
                         roseo d’un raggio d’aurora,

                         verso la pallida prora.



                         ODISSEO Quello? ov’erravo da cieco,
                         ove, seguendo il mio grido,
                         prendere il garrulo nido

                         volli dell’Eco?



                         VERGINE Quello ov’è tutto quel bianco
                         d’alberi lunghi e fiorenti...
                         v’abita un vecchio re stanco,

                         ch’erra sul lido, tra i venti:
                         dicono, voglia contare

                         l’onde del mare...
                         ODISSEO Quelli? son gli alberi grandi,
                         quelli che, padre, mi desti?

                         VERGINE Questo, se forse domandi,
                         fonte, a cui lavo le vesti

                         ora, per ciò che non sai...
                         è l’Aretusa...
                         ODISSEO Non mai!



                         Questo? quel fonte sì limpido,

                         dove scendevo per bere,
                         stanco di caccia? E nel cerulo
                         mare, qua bianche, là nere

                         vele vedevo seduto
                         presso il suo strepito arguto.



                         L’acqua del fonte loquace,
                         l’onda dei mari lontani,

                         meco parlavano: – È pace
                         qui! sono dolce! rimani!

                         – Vieni; qua freme la vita!
                         Sono infinita!



                         VERGINE Ospite, prima ch’io l’intorbi, guarda
                         se non è dunque limpida quest’acqua!





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