Page 134 - Odi e Inni
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Al fonte arguto s’appressò l’eroe,
e vide sé nel puro fior dell’acque.
Arida vide la sua cute, vide
grigi i capelli e pieni d’ombra gli occhi;
e la fronte solcata era di rughe,
curvo il dosso, né più molli le membra.
Vide; e rivide ciò che più non era:
sé biondo e snello, coi grandi occhi aperti.
Rivide nella stessa onda, e compianse,
la sua lontana fanciullezza estinta.
Ma la fanciulla già nell’acqua pura
ponea le vesti e le tergea; cantando,
ma d’ora in ora; poi ch’il dì pensoso
delle sue nozze le pendea nel cuore.
E presso la sonante opera accorta
della fanciulla, il reduce Odisseo
tutto conobbe, poi che sé conobbe;
ed alla patria protendea le braccia:
ODISSEO Io era, io era mutato!
Tu, patria, sei come a quei giorni!
Io sì, mio soave passato,
ritorno; ma tu non ritorni...
VERGINE Chi su la rama, fiore, ti coglie,
t’ama o non t’ama?
– Dimmelo tu!
ODISSEO Qualcosa, la nebbia, che muore,
tra gli occhi e le cose che amai
fa ch’ora riveda il mio cuore
ciò ch’ei non riviva più mai...
VERGINE Fiore, se perdi l’esili foglie,
le metti più?
– Mai più! Mai più!
E le ninfe divine, anime verdi
d’alberi, cristalline anime d’acque,
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