Page 130 - Odi e Inni
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ODISSEO Ahimè!
Che terra è questa? di qual gente? Oh forse,
che ignora il bene e che gli dei non teme!
Ad altra terra i così pii Feaci
m’hanno condotto, e sì dicean, gl’ingiusti,
di riportarmi ad Itaca serena.
Zeus li punisca! Or dov’io vado? e dove
quelle molte ricchezze ora nascondo?
Ma ch’io le conti, che non forse alcuna
ne portin entro l’incavata nave.
Disse, e contava i tripodi squillanti
e i lebeti di bronzo, ed il molt’oro
e, meraviglie de’ telai, le vesti.
Nulla mancava. Ed ora egli cercava
la patria terra, e la piangeva, errando
lungo la spiaggia del sonante mare.
ODISSEO O mia culla sorgente dal mare,
mio nido sospeso alla rupe,
te dunque non debbo trovare
mai più?
Pergamo, Pergamo,
ardeva nel cielo corusco.
Là, rosso di sangue, nell’atrio
del re, tra le fiamme, tra gli ululi e i rantoli,
udivo il sussurro del patrio
mio fonte scorrente sul musco.
Sui vortici, gli ululi e i rantoli,
l’idolo d’Elena Argiva!
Ne volsi lo sguardo, ché udiva,
lontano
sì, meno pur d’Elena, un canto
di note parole
tra un murmure vano
di pettini e spole.
Io vidi la casa di Circe
guardata da mansi leoni,
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