Page 65 - Nuovi poemetti
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umidi e lustri sotto i curvi cigli.
Si scaldavano un poco ora i marmocchi
a lei. L'ultimo, in terra, il capo ciondo-
loni via via le urtava ai due ginocchi.
Ella parlò: «Se fosse qui quel biondo
grande... Ma egli prese la bisaccia
vuota; e chi sa, dov'ora è mai, del mondo?
Io gli avrei detto: Non è lei che ghiaccia
i fossi e i fiumi? Non è lei che imbeve
del suo biancore i lunghi teli e l'accia?
Non fa la brina e il gelo essa? Ci deve
far così freddo! tra le stelle sole,
liscie, lustranti! Quel biancore è neve...»
«No, mamma,» disse la fanciulla: «è il Sole!»
II
E la tribù guardò nel cielo. Quella?
Dunque piena di sole essa trascorre,
di notte, come una più grande stella?
Una piccola Terra, or sulla torre,
or sull'abete... Ma quell'ombre? Monti,
quelle ombre, rupi valli greppi forre...
rughe: le rughe delle vecchie fronti.
Ma ella, dunque, è vecchia calva ossuta,
senza verde di frondi, acqua di fonti?
E la fanciulla disse: «Io l'ho veduta.
In un suo libro. Egli sapea contare
i monti e i mari. Io l'ascoltava muta.
C'è il Mare di Serenità. C'è il Mare
di Nubi. Anche, di Pioggie e di Tempeste.
Un altro Mare senza l'acque amare.
C'è la Palude delle Nebbie meste.
C'è anche un Seno, a goccia a goccia pieno
di guazza dalla grande alba celeste.
E c'è il Lago dei Sogni. Anche c'è il Seno
delle Iridi: tanti alti archi di porte
nel cielo: un infinito arcobaleno.
Vicino ai Sogni, il Lago della Morte».
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