Page 61 - Nuovi poemetti
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come la luna; e sulle aperte mani
tu me l'arrechi, e me l'adagi molle
sul testo caldo, e quindi t'allontani.
Io, la giro, e le attizzo con le molle
il fuoco sotto, fin che stride invasa
dal calor mite, e si rigonfia in bolle:
e l'odore del pane empie la casa.
V
Chi picchia all'uscio? Tu forse, Aasvero,
che ancor cammini per la terra vana,
arida foglia per un cimitero?
Chi picchia all'uscio?... E fioca una campana
suona... Chi suona? Forse un vecchio prete,
restato a guardia della tomba umana?
È solo; e ancora a mezzodì ripete
l'Angelus, ed a rincasare invita,
morti, voi, che sotterra ora mietete.
Socchiudo l'uscio. - Antica ombra smarrita,
che in cerca erri del corpo; ultima foglia,
che stridi ancora dove fu la vita;
qual vento t'ha portato alla mia soglia,
vecchio ramingo, ultima foglia morta
d'albero immenso che non più germoglia?
Ma tu sei vivo: hai fame! E qui ti porta
necessità. Sei vivo: soffri! Vivo
sei: piangi! Ed ecco, dunque, apro la porta:
entra, fratello; ché ancor io... sì, vivo. -
VI
Entra, vegliardo, antico ospite: ed ecco
l'azimo antico degli eroi, che cupi
sedeano all'ombra della nave in secco
(si levarono grandi sulle rupi
l'aquile; e nella macchia era tra i rovi
un inquieto guaiolar di lupi...):
il pane della povertà, che trovi
tu, reduce aratore, esca veloce,
che sol s'intrise all'apparir dei bovi:
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