Page 66 - Nuovi poemetti
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III

                                            Anche la morte? e dunque anche i viventi?
                                            «No! no! nessuno. Chi v'andò, discese.
                                            In terra avea del bene e le sue genti».

                                            Dunque nessuno... O tacito paese
                                            sopra le nubi, o isola del cielo,
                                            che fiorisci e sfiorisci d'ogni mese!

                                            Il sole ha fatto colassù lo sgelo!
                                            Gli stagni son coperti ora dei gigli
                                            d'acqua, a fior d'acqua sopra il lungo stelo.

                                            Si sommergono gli alberi vermigli
                                            dentro la cilestrina acqua dei laghi.
                                            L'aria è fiorita dall'odor dei tigli.


                                            E rossi e gialli spuntano tra gli aghi
                                            d'abeti e pini, che nessun calpesta,
                                            fiori, bocche di lupi, occhi di draghi...


                                            Al dolce vento trema la foresta.
                                            Dalla foresta vengono col vento
                                            lontane voci di campane a festa...


                                            Vi s'ode ancora un palpito più lento,
                                            un tuffo molle a quando a quando, un va
                                            e vieni: ondeggiamento sonnolento,


                                            lassù, nel Mare di Serenità.



                                                       CANTO TERZO
                                                          In sogno

                                            Scórsero i giorni; ancor le notti, a una
                                            a una, sempre più stellate e scure;
                                            e più tarda e più vana era la luna.

                                            Ma quelli in sogno ecco prendean la scure
                                            avanti l'alba. Erano, chi tra un denso
                                            nebbione, chi su ventilate alture.

                                            Chi s'arrestava avanti un mare immenso,
                                            chi camminava, lungo un colonnato
                                            d'enormi pini, tra l'odor d'incenso.

                                            E non vedeva che a sé stesso il fiato
                                            cerulo, ognuno, e s'ascoltava il gemito
                                            arido, nel silenzio inabitato.


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