Page 63 - Nuovi poemetti
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senza parlare, e si togliea tra il pelo
le foglie secche e qualche fil di strame.
Quelli aprivano gli occhi color cielo,
zuppi di sogno. «Il vento!» disse: «il vento
del nord! Quest'anno tarderà lo sgelo!»
E l'isba scricchiolò con un lamento
lungo ad un urto. Alzò le spalle un vecchio
senza levare dalle palme il mento.
Gli altri alla romba porsero l'orecchio.
«Hai pane, tu,» ghignò il brodiag «tu, fieno!
legna nel canto! latte anche nel secchio!»
«Che farci?» disse il vecchio. «Olio, non meno!...»
Il lume un po' guizzò palpitò sfrisse,
si spense. Il vecchio disse: «Olio, nemmeno».
Che farci! Serrò gli occhi. Altro non disse.
Ecco e s'empiva l'abituro d'una
pallida nebbia. Ché via via men fisse
vanian le stelle all'alba della luna.
II
E la luna calante batté gialla
sull'impannata. Netta, senza brume,
stava, sul liscio mar di neve a galla.
L'immensa taiga biancheggiava al lume.
Qualche betulla nuda, qualche cono
d'abete, e solchi d'ombra d'un gran fiume.
E si levò tra quelle genti un suono
dolce di voce: «Il giovine straniero
giunto tra noi, che parla a noi, ch'è buono...
egli sa tutto; vede anche il pensiero
chiuso nei cuori... egli leggeva un giorno
un libro, il libro che ci dice il vero...
La Luna, dice, è un'altra Terra, attorno
a questa Terra. E ci si va. C'è gente
che v'andò, che ne parla, ora, al ritorno...»
La giovinetta voce piovea lente
le sue parole. Balenava un raggio
or qua or là da due pupille attente.
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