Page 60 - Nuovi poemetti
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ch'ode un danzar segreto, ode tra i diti
di donna sola, in ogni casa, andare
te, casalingo cembalo, che inviti
lo sciame errante al tacito alveare.
III
Taci, querulo passero: t'invito.
Sempre diventa il tuo gridìo più fioco:
taci: or ora imbandisco il mio convito.
Il poco è molto a chi non ha che il poco:
io sull'aròla pongo, oltre i sarmenti,
i gambi del granturco, abili al fuoco.
Io li riposi già per ciò. Ma lenti
sono alla fiamma: e i canapugli spargo
che la maciulla gramolò tra i denti.
Nulla gettai di quello che non largo
mi rese il campo: la mia man raccoglie
anche i fuscelli per il mio letargo.
Serbo per il mio verno anche le foglie
aride. Del granturco, ecco via via
mi scaldo ai gambi e dormo sulle spoglie.
Ciò che secca e che cade e che s'oblia,
io lo raccolgo: ancora ciò che al cuore
si stacca triste e che poi fa che sia
morbido il sonno, il giorno che si muore.
IV
Il mio povero mucchio arde e già brilla:
pian piano appoggio sopra due mattoni
il nero testo di porosa argilla.
Maria, nel fiore infondi l'acqua e poni
il sale; dono di te, Dio; ma pensa!
l'uomo mi vende ciò che tu ci doni.
Tu n'empi i mari, e l'uomo lo dispensa
nella bilancia tremula: le lande
tu ne condisci, e manca sulla mensa.
Ma tu, Maria, con le tue mani blande
domi la pasta e poi l'allarghi e spiani;
ed ecco è liscia come un foglio, e grande
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