Page 59 - Nuovi poemetti
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LA PIADA

                                                              I


                                            Il vento come un mostro ebbro mugliare
                                            udii notturno. Errava non veduto
                                            tra i monti, e poi s'urtava al casolare


                                            piccolo, ed in un lungo ululo acuto
                                            fuggiva ai boschi, e poi tornava ancora
                                            più ebbro, con suoi gridi aspri di muto.

                                            L'udii tutta la notte, ed all'aurora,
                                            non più. Dormii. Sognai, su la mattina,
                                            che la pace scendeva a chi lavora.

                                            Or vedo: scende. Scende: era divina
                                            l'anima. Il cielo tutto a terra cade
                                            col bianco polverìo d'una rovina.

                                            Non un'orma. Vanite anche le strade.
                                            La terra è tutto un solo mare a onde
                                            bianche, di porche ov'erano le biade.

                                            Resta il mio casolare unico, donde
                                            esploro in vano. Non c'è più nessuno.
                                            E solo a me che chiamo, ecco risponde

                                            il pigolio d'un passero digiuno.



                                                             II


                                            Sul liscio faggio danzi corra voli,
                                            Maria, lo staccio! Siamo soli al mondo:
                                            facciamo il pane che si fa da soli!


                                            Voli lo staccio e treppichi giocondo,
                                            vaporando il suo bianco alito fino,
                                            che si depone sul tuo capo biondo.

                                            O lieve staccio, io t'amo. Il tuo destino
                                            somiglia al mio: tener la crusca; il fiore,
                                            spargerlo puro per il tuo cammino.

                                            E fai codesto con un tuo rumore
                                            lieto, in cadenza: semplice, ma bello
                                            per l'orecchio del pio lavoratore.

                                            Ma triste, sotto mezzodì, per quello
                                            del viandante, che rasenta i triti
                                            limitari del lungo paesello:




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