Page 36 - Nuovi poemetti
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lontane, fredde, bianche azzurre e rosse,
su quell'immenso baratro di stelle,
sopra quei gruppi, sopra quelli ammassi,
quel seminìo, quel polverìo di stelle!
Su quell'immenso baratro tu passi
correndo, o Terra, e non sei mai trascorsa,
con noi pendenti, in grande oblìo, dai sassi.
Io veglio. In cuor mi venta la tua corsa.
Veglio. Mi fissa di laggiù coi tondi
occhi, tutta la notte, la Grande Orsa:
se mi si svella, se mi si sprofondi
l'essere, tutto l'essere, in quel mare
d'astri, in quel cupo vortice di mondi!
veder d'attimo in attimo più chiare
le costellazïoni, il firmamento
crescere sotto il mio precipitare!
precipitare languido, sgomento,
nullo, senza più peso e senza senso.
sprofondar d'un millennio ogni momento!
di là da ciò che vedo e ciò che penso,
non trovar fondo, non trovar mai posa,
da spazio immenso ad altro spazio immenso;
forse, giù giù, via via, sperar... che cosa?
La sosta! Il fine! Il termine ultimo! Io,
io te, di nebulosa in nebulosa,
di cielo in cielo, in vano e sempre, Dio!
IL PRIGIONIERO
Prendi, infelice, il tuo dolore in pace!
«Perché?» Tu, perché gridi, urti la porta?
«Perché dolore è più dolor, se tace».
Se lo nascondi, frutterà. Sopporta,
attendi, spera... «O vanità! Non spero.
Non credo». Eppure... «Dio non è!» Che importa?
C'è del mistero intorno a te... «Mistero?
Io non lo vedo». Ciò che tu non vedi,
o prigioniero, è un altro prigioniero;
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