Page 99 - La mirabile visione
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Chè amar la sapienza vuol dire essere filosofo. Or dunque,
           quando il Poeta dice che la città era rimasta quasi vedova e
           dispogliata da ogni dignitade, pensa alla partita, da essa città, di
           quella chiara sapienza, che andava per le vie, e si mostrava per
           prima   o   era  prima   veduta  da   quelli   che   la   amavano,   e
           preoccupava col suo saluto quelli che la bramavano, e andava
           attorno mostrandosi alla gente hilariter, cioè così piacente a chi la
           mirava. Di questa, cioè della sapienza, era rimasta vedova la città.
           Non è possibile si tratti d'altro, perchè quali sarebbero i principi
           della terra ai quali Dante si rivolge, se non fossero quelli ai quali
           si rivolge in quel capitolo sesto l'autore del libro della sapienza, o,
           meglio, il re Salomone, in cui persona quel libro è scritto? "Udite
           dunque o re, e intendete; imparate, o giudici de' paesi della terra!
           Porgete le orecchie voi che tenete le moltitudini... A voi dunque,
           o re, si volgono queste mie parole, affinchè impariate sapienza...
           Bramate le mie parole, amatele e avrete intendimento. Chiara è ed
           immarcescibile la Sapienza e facilmente è veduta..." Per l'innanzi,
           facilmente veduta; or no: l'autore di questo nuovo piccolo libro di
           sapienza, libro in latino, in versetti, di stile biblico, il nuovo
           ingenuo Sirach o Salomone di Fiorenza, dice ch'ella non si fa
           veder più, non saluta più, non sorride più. E questo pur dice a
           principi,   anch'esso.   E   che   altro?   Non   sappiamo.   E   tuttavia
           possiamo   affermare   che   nell'uscir   dall'adolescenza   già   Dante
           aveva in mente le parole con cui quel libro di Sirach comincia, e
           che   dovevano   fiammeggiare,   lettera   per   lettera,   nel   cielo   di
           Giove: (Par. 18, 91) DILIGITE IUSTITIAM QUI IUDICATIS TERRAM.
              Ma   anche   questo   proponimento   di   fare,   per   una   parte,
           trasformando una donna amata nella amata sapienza, un latino
           libro   di   Sapienza,   nel   quale,   forse,   s'insegnava   rettitudine   ai
           principi;   e   per   l'altra,   conservando   alla   donna   morta   le   sue
           sembianze, ahimè, svanite per sempre, altre rime volgari d'amore;
           anche questo proponimento dileguò in breve. Apparisce a Dante
           (egli racconta) il viso d'"una gentile donna".



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