Page 98 - La mirabile visione
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Nello scrivere l'epistola Dante aveva il pensiero alla Bibbia,
           come si vede dal cominciamento di Geremia. Ebbene, ricordiamo
           che è molto probabile che ad un libro della Bibbia, al  Liber
           Sapientiae, già s'ispirasse, o direttamente o attraverso le mistiche
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           dichiarazioni che fece S. Agostino, di Lia e Rachele . E leggiamo
           ora in quel libro. "Chiara è ed immarcescibile la sapienza e
           facilmente è veduta da quelli che l'amano ed è trovata da quelli
           che la cercano. Previene quelli che la bramano, sì ch'ella si
           mostra loro per prima. Chi dal far del giorno vigila per lei, non si
           affannerà: la troverà seduta alle sue porte... chè ella, i degni di lei,
           va attorno cercandoli essa, e per le vie si mostrerà a loro con lieto
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           sembiante" . È ben possibile  che da  questo luogo prendesse
           Dante qualche circostanza nel cantar già la sua donna che si
           veniva   nel   suo   pensiero   trasformando   nella   bella   e   perfetta
           sapienza. Egli racconta d'averne avuto il saluto la prima volta
           mentre ella passava per una via (VN. 2), ed ella è prima a
           salutarlo "molto virtuosamente". E "questa gentilissima salute
           salutava" lui non raramente, e andava spesso "per via" (19 c. 1,
           32), e trovava alcuna volta "alcun che degno era di veder lei" (ib.
           37), e passava (21 s. 11, 3), e veniva "inver lo loco" ov'era il suo
           amatore (24 s. 14, 10), e si mostrava (26 s. 15, 9); e "quando
           passava per via, le persone correano per veder lei". (26) Ed era
           tale, che era "laudato chi prima la vide" (21 s. 11, 11): il che non
           s'intende, se non credendo che si tratti piuttosto che d'una donna,
           di codesta Sapienza cui vedere significa essere o essere per essere
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           sapienti . E non s'intende che Dante dica che trattando della
           partita   di   una   donna,   "converrebbe   esser  lui  laudatore   di   sè
           medesimo" (28), se non si crede ch'ella era tale, che, se laudato
           era chi la vide, laudatissimo sarebbe stato chi avesse detto di sè,
           d'averla non solo veduta e mirata, ma tanto amata.

           67   Vedi a pag. 16, 24, 25, 30 e 31.
           68   Sap. 6. FPPerez, in Beatrice svelata XI.
           69    Tradurrei: non  qui prior vidit, ma, con la frase biblica,  cui se prior
              ostendit.


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