Page 92 - La mirabile visione
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Or qui, dunque, ci chiediamo: Quando cominciò lo studio
           lungo, che è simboleggiato in Virgilio? Poichè Dante dice che
           Guido l'ebbe a disdegno tale studio, questo non cominciò, credo
           io, quando i due amici procedevano unanimi e a pari a pari per la
           stessa via; non cominciò, vedo io, quando Dante trasse fuori le
           nove rime. Sino ad allora lo studio, e l'arte e scienza conseguenti,
           di Guido doveva parere a Dante non dissimile nè disuguale dal
           suo proprio, se fa dire a Bonagiunta "le vostre penne", tra le quali
           è   intuitivo   sia   compresa   anche   quella   del   vincitore   dell'altro
           Guido, quella del primo suo amico d'allora, che la pensava come
           lui riguardo al volgare, a cui aveva "scritta" la Vita Nova, con cui
           s'accordava nel disprezzo dei rimatori stolti. Ma nel Convivio non
           nomina Guido, nemmeno a proposito dell'uso del volgare; ma nel
           trattato dell'eloquenza, più e meglio che Guido, nomina Cino e sè.
           Nella Comedia, riferendosi al trecento, e afferma che questo
           Guido tolse all'altro la gloria della lingua e assevera che non
           imprese quel lungo studio che aveva impreso esso. Non si tratta
           dunque di quel tanto pensar che Dante fece prima e dopo quel
           cominciamento della canzone, prima delle rime nove e del dolce
           stil novo e della materia nova. Si viene invece, innegabilmente,
           all'altro momento della vita di Dante, quand'egli ci narra d'essersi
           messo in un nuovo proposito. Ce lo narra due volte. La prima:
           "Apparve a me una mirabil visione nella quale vidi cose, che mi
           fecero proporre di non dir più di questa benedetta, infino a tanto
           che io non potessi più degnamente trattare di lei. E di venire a ciò
           io studio quanto posso". (VN. 43) La seconda: "Dopo alquanto
           tempo, la mia mente, che si argomentava di sanare, provvide
           (poichè nè il mio nè l'altrui consolare valea) ritornare al modo che
           alcuno sconsolato avea tenuto a consolarsi. E misimi a leggere
           quello, non conosciuto da molti, libro di Boezio... E udendo
           ancora, che Tullio scritto avea un altro libro... misimi a leggere
           quello...   E...   io,   che   cercava   di   consolare   me,   trovai   non
           solamente alle mie lagrime rimedio, ma vocaboli d'autori e di



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