Page 87 - La mirabile visione
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in quel passo dove è l'alto ingegno; o ciò che è significato dai due
gioghi di Parnaso e dalla memoria, nell'altro passo dove è
l'intelletto che si profonda (Par. 1, 5); o ciò che è accennato dalle
sante Muse e da Calliopea nell'altro luogo dove è la navicella
dell'ingegno; (Pur. 1, 2) o ciò (aggiungo) che è simboleggiato in
quella diva Pegasea, senza la quale gli ingegni avrebbero un bello
essere alti ma non sarebbero gloriosi e longevi (Par. 18, 82);
risponderà che a Guido mancava ciò che è accoppiato da solo con
ingegno nella Comedia, ossia l'arte; ciò che è accoppiato a
ingegno da solo nella Volgare Eloquenza, ossia la scienza; ciò che
nel poema e nel trattato è meglio esplicato per due elementi, ossia
l'arte e l'uso, ossia l'assiduità dell'arte e l'abito delle scienze, ossia,
come si dice, ricapitolando, in questo ultimo passo, l'arte e la
scienza. E Dante parla e dice: Da me stesso non vegno. Dunque
risponde negando ciò che il sepolto ha affermato: Tu vai per
altezza di ingegno. E Dante aggiunge: Mi mena per il cieco
carcere quell'Ombra che attende là. Dunque dice: per qui mi
mena, non ciò che dite voi, o almeno non ciò solo, ma lo studio;
lo studio o amore (ripetiamo con le parole del Convivio 3, 12) "il
quale mena l'uomo all'abito dell'arte e della scienza". Invero
quell'Ombra è un savio gentil che tutto seppe, è uno "che onora
ogni scienza ed arte". E Dante conclude:
forse cui Guido vostro ebbe a disdegno.
Ebbe: perchè lo studio che ora menava Dante per il cieco carcere,
era cominciato da un buon po'; e da un buon po' avrebbe dovuto
cominciare in Guido, se voleva fare il medesimo viaggio; da un
buon po', come assevera Dante stesso, sul principio del poema, a
Virgilio: (Inf. 1, 84) "Vagliami il lungo studio" oltre il grande
amore. Ebbe: perchè si tratta dello studio che conduce all'arte e
alla scienza, e non di queste medesime; chè allora Dante avrebbe
detto: "Aveva in disdegno, quand'io mi mossi; ha in disdegno, ora
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