Page 88 - La mirabile visione
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che vo". Ebbe; e non si può dire se non, ebbe; quell'ebbe che non
sta con alcun'altra interpretazione. L'ingegno Guido l'aveva, e
alto, come per bocca del padre di lui proclama il primo di lui
amico; ma che è l'ingegno? L'ingegno è come, sulle panche di
scuola, il bimbo che scrive a dettatura dell'amore o studio; ossia è
seguace delle parole di codestui, che attende là: se non c'è lui che
parli e che detti, che cosa intende, che cosa scrive questo bimbo
dell'ingegno? E così il nostro Poeta con Cavalcante fa la stessa
professione di modestia, che farà con Bonagiunta. "Da me stesso"
non farei nulla; chi fa è un altro, sono altri; sono i grandi poeti e i
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grandi filosofi che mi parlano e mi dettano .
Così Dante non dice di Guido filosofo e autore d'una nobile
canzone filosofica: Non fu o era filosofo. Non dice di Guido
poeta e partecipe con lui dello sdegno per gli stolti rimatori, e tale
che tolse all'altro Guido la gloria della lingua: Non fu poeta. Il
che è ben assurdo che Dante dicesse, quando sappiamo che non lo
pensava: nello sdegno, in vero, per quelli che rimano stoltamente,
senza verace intendimento, sono implicite, a non parlar d'altro, le
conoscenze filosofiche e artistiche: (VN. 25) e, se l'avesse
pensato, assurdissimo sarebbe che lo dicesse al padre amoroso, e
così seccamente. E poi avrebbe detto: Non era, quando m'avviai,
non è, ora che sono in via, filosofo o poeta; e dice invece: Ebbe a
disdegno. E altrettanto assurdo è pensare che, secondo il pensiero
di Dante, avesse avuto a disdegno, in Virgilio, la latinità. Sì: da
Guido fu Dante confermato nel suo consiglio di scrivere in
volgare la Vita Nova: "lo intendimento mio non fu da principio di
63 V. in IDel Lungo Dal Secolo e dal Poema di Dante, Bologna 1898, nello
studio "Il disdegno di Guido" a p. 40-41, la biblioteca (una gran biblioteca)
del disdegno di Guido. E aggiungivi "Il disdegno di Guido" degli Studii
sulla D. C. di FD'Ovidio; studio che contiene con qualche lieve ritocco i
successivi articoli di lui. NTommaseo aveva enunziate le parole decisive
nel suo commento: "Guido non curò l'eleganza dello stile e lo studio degli
antichi... Non mai però l'arte e lo studio sono (in Guido) quanto in Dante
profondi".
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