Page 81 - La mirabile visione
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altissime" considerazioni, e mi dà la facoltà d'esprimerle. Questo,
s'intenda, aiutato da un po' d'ingegno...
VIII.
GUIDO E IL SUO DISDEGNO
Ma no: l'ingegno non lo nomina neppure. Perchè quelle parole
sono professione di, secondo il pensamento degli uomini,
modestia. Dante dice: "È lo studio che mi fa quel che sono: io non
duro altra fatica che in trascrivere ciò che mi si detta". Certo
l'ingegno è sottinteso: non è possibile poetare "sine strenuitate
ingenii et artis assiduitate scientiarumque habitu". (VE. 2, 4) È
sottinteso: altra volta se lo riconosce e lo dice alto; (Inf. 2, 7) qui
non ne parla. Ne parla anche a proposito de' suoi studi al loro
principio o a dir meglio alla loro ripresa: nella sentenza d'un libro
di Boezio e d'un altro di Tullio era entrato "tant'entro quanto l'arte
di Gramatica ch'egli avea, e un poco di suo ingegno potea fare;
per lo quale ingegno molte cose, quasi come sognando, già vedea;
siccome nella Vita Nova si può vedere". L'arte di gramatica e un
poco d'ingegno, allora; ora l'abito delle scienze e l'assiduità
dell'arte, con l'alto ingegno, sottinteso, però, nel conversare con
Bonagiunta. Conversando con costui, Dante non ha già più sulla
fronte il primo P, nè dà prova di quella vanagloria o superbia (che
noi chiameremmo coscienza legittima di sè), della quale egli pur
s'accusa in altra cornice (Pur. 13, 136), e della quale, chi ben
consideri, dà prova nel trattare di quel peccato istesso, facendo
che altri, nella finzione poetica, indichi, mentre indica esso, nella
realtà, uno che all'uno e all'altro Guido toglierà la gloria della
lingua, cioè del dire. (Pur. 11, 98) Con Bonagiunta fa professione
di modestia. Il vecchio rimatore domanda se ha in presenza
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