Page 79 - La mirabile visione
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badare e discernere a quel modo che si deve, hoc opus et labor
           est, poichè non mai, senza valentia di ingegno e assiduità d'arte e
           abito delle scienze (le quali sono tutte membra di sapienza - Co.
           3, 11), è ciò possibile. E tali sono quelli che il Poeta, nel sesto
           delle Eneidi, chiama diletti di Dio e dall'ardente virtù sublimati
           all'etere, e figli degli Dei, sebbene e' parli figuratamente. E perciò
           confessino la loro stoltezza (tornano in volta quelli che rimano
           stoltamente)   coloro   che   immuni   d'arte   e   scienza   (la   quale
           richiama le scienze di più su ed equivale perciò a sapienza),
           confidando   nell'ingegno   solo,   prorompono   a   cantare   di   tali
           altissimi soggetti nell'altissimo stile (summe summa); e desistano
           da tanta prosunzione; e se sono oche per loro naturale ignavia,
           non vogliano imitare l'aquila che va alle stelle".
              Oh! l'aquila astripeta è l'ingegno sì, ma che s'unisce all'arte e
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           alle   scienze!   Pensiamo:   Pindaro   figurava   il   poeta   grande
           nell'aquila che non va come i corvi predando terra terra nei solchi
           un facile cibo; Dante lo figura, anch'esso nell'aquila che vola
           verso le stelle, e a lei oppone un altro animale che ama gli stagni
           se   non   i   solchi.   Ebbene   quest'animale,   che   è   l'oca,   è   a
           rappresentare coloro che non hanno arte e scienza, cioè confidano
           nel solo ingegno.  Può parere che le due aquile abbiano molto
           differente natura; può parere che l'aquila di Dante si levi tant'alto
           in virtù del cibo che amavano i corvi di Pindaro, e che l'aquila
           Dircea diventi, nel pensier di Dante, un'oca italica. Può parere e
           non è: Dante s'è incontrato, senza saperlo, con Pindaro; perchè
           ciò che leva agli astri la sua aquila è l'ingegno che studia e ama,
           ossia l'ingegno che è ingegno. L'ingegno delle oche non è che un
           vano starnazzare, un pesante desiderio di levità, un alzare verso le
           stelle il solo collo, che è lungo sì, ma non arriva alle stelle.
              E   diciamo   dunque   che   il   dolce   stil   nuovo   di   che   udiva
           Bonagiunta,   consiste   nel   fatto   che   le   penne   andavano   strette
           diretro a un dettatore che si chiama studio; studio dell'arte. E lo

           58   Ol. II 94. Nem. III 80. V. 21.


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