Page 466 - La mirabile visione
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fantasia manca possa; (Par. 33, 142) pure egli volle igualmente. E
           in tanto tutto il poema di quest'alta fantasia è pieno.
              La prima cantica è la morte e il seppellimento del primo
           amico,   del   vecchio   Adamo.   Dante   muore   nel   passaggio
           dell'Acheronte, come Miseno nelle onde del mare, e si seppellisce
           nella gran tomba, dove continua misticamente a morire, finchè
           esce dal sepolcro, dopo tanto tempo, quanto fu quello che Gesù
           passò sepolto. Esce a riveder le stelle, dunque risorge: è morto a
           ciò che è morte: ora è. La prima cantica è dell'esse, la qual idea
           corrisponde alla prima persona della Trinità, al Padre. In fatti
           Dante, uscito a riveder le stelle, uscito dalla morta poesia e
           dall'aura morta, fuggito dalla prigione eterna, vede un veglio solo,
           degno, come non altri, della riverenza che il figlio deve al padre.
           È Catone, che già nel Convivio simboleggiava Dio: "e quale
           nome terreno più degno fu di significare Iddio, che Catone? Certo
           nullo". (Co. 4, 28) È Catone, cioè la  virtus; e virtù o possa o
           potestate è la prima persona della Trinità. È Catone, che si uccise
           per essere libero, cioè essere; e fece perciò (nel simbolo) quel che
           Dante, che volontariamente morì e si seppellì, per essere libero,
           cioè essere.
              Nella seconda cantica Dante giunge a Matelda e a Beatrice,
           addotto da Virgilio. Cioè lo studio lo conduce all'arte o scienza e
           alla sapienza, a conoscere, nosse o scire le cose umane e divine,
           sì da poterle significare altrui. La seconda cantica è dello scire.
           Dante è congiunto all'ultimo con la  sapientia  che è la seconda
           persona della Trinità. L'ultima operazione di Dante nel paradiso
           terrestre è di bere all'Eunoè; e quello fu un "dolce ber che mai
           non  l'avria sazio". (Pur. 33, 138) E dunque tal sete era quella
           "naturale che mai non sazia se non con l'acqua" che a noi fornisce
           il Figlio di Dio. (ib. 21, 1) E Dante dall'onda ritorna rifatto, come
           dalla   tomba   esce   rinato:   "rifatto   sì   come   piante  novelle,
           rinnovellate  di  novella  fronda". Nella parola ripetuta echeggia
           distintamente il nosse o novisse. Sì fatti accenni etimologici non



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