Page 463 - La mirabile visione
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purgatorio. E soltanto l'essere, questo della gola e della carne, il
grado dell'intelletto, fa sì che si parli di generazione e di
animazione qui, e, nel cerchio d'inferno e nella sfera di paradiso
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corrispondenti, di rigenerazione e reintegrazione . E anzi, quivi
si parla di cosa più analoga: della natura dell'ombra, la quale si
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riunirà poi al corpo nel gran dì .
Il dono della sapienza ci guida nella cognizione delle cose
divine. S. Gregorio aggiunge ch'ella rifà la mente intorno alla
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speranza e certezza delle eterne cose . S. Agostino, che fa sesta
la beatitudine dei mundicordi, interpreta tuttavia codesta così:
"ascende al sesto grado (per Dante, è il settimo) dove già purga
l'occhio stesso, col quale si può veder Dio, per quanto si può da
chi muore, quanto egli possa, a questo secolo. Chè in tanto si
vede, in quanto si muore a questo secolo; in quanto si vive, non si
vede... In questo grado così l'uomo purga l'occhio del cuore, che
alla verità non preferisce e non paragona nemmeno il prossimo, e
perciò, nemmen sè... Perciò codesto santo sarà di cuor così
semplice e mondo, che non si distolga dal vero, nè per piacere ad
uomini, nè per evitare qualsiasi disagio che contraria questa vita".
E poichè S. Agostino fa settima la beatitudine dei pacifici
corrispondente al dono della Sapienza, aggiunge: "Così ascende
alla Sapienza, che è l'ultima e settima, della quale usa pacifico e
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tranquillo" . Chiaramente si rispecchia il concetto di S.
Gregorio; che la sapienza dà speranza e certezza di eternità felice,
misto al ricordo che la settima e ultima beatitudine non è, come a
512 Vel. pag. 391 sgg.
513 Su Stazio vedi alcune pagine di profonda intuizione in Su le orme di Dante
(Roma, 1901) di Angelo de Gubernatis: lez. quarta. Vuol essere conosciuto
anche un bello studio di Giovanni Longo-Manganaro: L'allegoria di Stazio
nella D. C. Messina, 1901.
Dante volle il suo canone di poeti nel numero di sette. Tre, Virgilio e i suoi due
discepoli, l'antico e il nuovo, entrano primi nella futura dimora dei pii vati
antichi ossia poetae magni.
514 Vel. pag. 389.
515 De doctr. christ. II 7, 11.
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