Page 458 - La mirabile visione
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ci dispongono "nella cognizione delle cose umane". Scire è un
vedere: appena salito al terzo girone, a Dante parve essere tratto
in una visione estatica. (Pur. 15, 85) E mediante visioni, non falsi
errori, si propongono gli esempi della virtù contraria e del vizio
stesso. È da notare che l'esempio della sposa dello Spirito Santo
è, sì, di mansuetudine, ma a proposito della disputa tra i dottori; e
che nell'esempio pagano di Pisistrato è ricordata Atene "onde
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ogni scienza disfavilla" ; e che nel terzo esempio di Stefano, si
vede lui chino per la morte, e i suoi occhi aperti al cielo. (ib. 87)
Si ponga poi mente alle molte volte, che ricorre l'idea di "vedere"
e "non vedere" e scorgere e discernere. Si osservi la pena del
fumo, che è derivazione come dal fuoco d'ira, così dal fuoco della
visione; e che è pena condegna di chi non vide assai. Si osservi
l'aggettivo "saputa" dato alla scorta; si osservi come ella guidi
dietro sè il cieco; (Pur. 16, 8) si osservi questo nome stesso di
scorta (da scorgere) e come le parole siano qui dette scorte. (ib.
45) Infine Marco è uno che del mondo seppe, cioè scivit le cose
umane o civili; e a Dante, che vuol vedere, cioè sapere, e
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mostrare altrui (il che tutt'insieme è scienza e arte) la cagione
dell'imperversar della malizia, dichiara scientificamente, diremmo
noi, perchè il mondo disvii, il mondo cioè la vita attiva, cioè le
cose umane. All'ultimo, Dante discerne (Pur. 16, 131) la più
importante sentenza del suo sistema politico: la separazione delle
due vite, delle due strade, delle due potestà, dei due luminari. Dei
quali il sole apparisce al tramonto tra la nebbia.
Il dono della fortezza è coi piangenti, e perfeziona la virtù
appetitiva, nei nostri rapporti con noi stessi, contro il timore di
pericoli. S. Agostino che mette questo dono con la fame e sete di
501 Vedi a pag. 472 sgg. e spec. 473 (a quella Atene celestiale...). Ripeto che
Dante non attribuisce che la scienza o arte agli antichi savi. Matelda (l'arte
e scienza) ha gli occhi ardenti e luminosi per amore, ed è scorta a Dante
che ha mondati gli occhi nel fuoco d'amore per la visione.
502 Il lume che sfavilla nel passar dal girone dell'invidia a quello dell'ira, e che
abbaglia, non è senza allegoria. Da notare ivi la parola arte (Pur. 15, 21).
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