Page 456 - La mirabile visione
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un po' di vista il particolare riferimento alle scritture. E poi si
           legga ciò che nel purgatorio è dell'invidia, seconda colpa, a cui
           risponde il dono della pietà. Gli invidi hanno gli occhi forati e
           chiusi, per averli volti con invidia, ma anche per questa altra
           ragione, che vollero melius sapere meliusque praecipere di Dio,
           che volle un apparente male. Lo dice chiaramente uno di quei
           peccatori: "Savia  non fui avvegna che  Sapia  fossi chiamata".
           (Pur. 13, 109) È causale questo tratto d'una Sapia, che non sapit, e
           che è nel grado della pietà, per cui non si deve pretendere di
           melius sapere per noi stessi? E allora ci sarebbe un altro caso più
           strano: ella, in suo vivente, non solo pretese di melius sapere, ma
           anche di melius praecipere! Sì: ella fece come "il merlo per poca
           bonaccia": praecepit la primavera, mentre era ancor verno. Anche
           questo, caso? E allora un terzo caso. Il dono di questo non sapere
           e non praecipere meglio di Dio, non l'usarono in vita: ora l'usano
           per salir su, in morte. Invero Sapia  biasima la mancanza  di
           saviezza che è nei Sanesi, che male sperarono di Talamone, e
           predica la rovina degli ammiragli; come Guido del Duca predice
           le   iniquità   di   Fulcieri,   (Pur.   14,   58)   e   ha   il   pensiero   alla
           discendenza dei Romagnoli del buon tempo. (ib. 88)
              Da questo autore dunque senza esitare prenderò, come da altri,
           alcune note nella rassegna che farò dell'efficacia di questi doni
           nel disegno del purgatorio e del paradiso.
              Il dono del timore corrisponde alla beatitudine dei poveri di
           spirito, ed è opposto al vizio di superbia. Esso fa sì che noi
           temiamo   i   giudizi   di   Dio   e   perciò   decliniamo  a   malo.
           Aggiungiamo, con S. Gregorio , che il timore preme la mente; e
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           che bisogna pregare, che il timore non sia soverchio e non ci
           faccia disperare. Secondo poi S. Agostino, per il timore dobbiamo
           "rivolgerci a conoscere la volontà di lui, che cosa ci ingiunga di
           cacciare e fuggire. E codesto timore deve incuterci il pensiero



           499   In Summa 1a 2ae 68, 6. Vel. pag. 396 segg.


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