Page 459 - La mirabile visione
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giustizia, beatitudine unica, dice che "per tale affetto l'uomo si
           trae   fuori   da   ogni   mortifera   gioia   delle   cose   passeggiere,   e
           rivolgendosene,   si   volge   alla   dilezione   delle   eterne,   cioè
           all'incommutabile unità e trinità. La quale appena avrà veduto
           quanto può, raggiare in lontananza, e comprenderà di non poter
           sostenere, per l'infermità della sua vista, quella luce, ecco che già
           nel consiglio della misericordia purga l'anima che in certo modo
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           tumultua..."  L'ordine e il novero, diversi in Agostino e Dante,
           non ci devono togliere di scorgere la rispondenza perfetta di
           quest'ultimo passo con ciò che racconta il Poeta nel salire dal
           grado della misericordia o pietà al grado della scienza: che non si
           può   schermare,   e   si   sente   abbagliare   da   una   luce   ancora
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           lontana . (Pur. 15, 28) Ma c'è altro. Intanto il Poeta nell'entrare
           in   questo   girone   sente   venir   meno   la   possa   delle   gambe
           (ambulare è vivere) e fuggir la sua virtù. Possa e virtù indicano
           fortitudo.   La  fortitudo  manca   e   ci   dovrebbe   essere;   e   tale
           spossatezza e successiva sonnolenza nella cornice della fortitudo
           è per la medesima ragione che il fumo è in quella della visione o
           scientia. Un ragionamento tien luogo dell'andare: invece delle
           cose passeggiere, o del vivere attivo, c'è la contemplazione della
           verità.   Il   ragionamento   verte   sulla   libertà   del   volere,   la   cui
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           mancanza   è   sonno ;   onde   la   sonnolenza   del   Poeta.   Più
           particolarmente vi si considera amore come fonte d'ogni bene e
           d'ogni male. Si distingue un triforme amore e un altro amore
           tripartito, con un altro amore che è in mezzo, lento a vedere e a
           operare. E son dunque tre questi amori, e uno d'essi semplice e gli
           altri due triplici. C'è, insomma, in tale dottrina una somiglianza di
           trinità, come nella triplice incontinenza di concupiscibile e nella
           triplice malizia infernali, cui distermina l'accidia che è per Dante
           il doppio vizio contrario alla fortezza o magnanimità. Al che è


           503   De doctr. christ. II 7, 10 sq.
           504   E la cosa si ripete nel salire dalla scientia alla fortitudo (17, 44).
           505   Vedi a pag. 316 sgg.


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