Page 460 - La mirabile visione
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d'uopo esaminare un altro luogo di S. Agostino. Sull'imitazione
           che vi è di Dio, pur nel male, egli dice: "la violenza (vis) imita la
           virtù,   e   la   frode   (fallacia)   la   sapienza   (di   Dio).   Invece...   la
           magnanimità imita la virtù, la dottrina la sapienza. I peccatori
           imitano lo stesso Dio Padre con l'empia superbia, i giusti con la
           pia liberalità. Lo Spirito Santo è imitato dalla cupidità degli iniqui
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           e dalla carità dei retti" . Ricavo da queste parole che nella triade
           dell'amor del male la superbia può essere ciò che nella Trinità è il
           Dio Padre; e che l'avarizia (contraria alla liberalità) è questo
           medesimo, nella triade dell'amore soverchio. Nella prima triade è
           anche designato il luogo allo Spirito; poichè amore, pietà o carità
           è la nota della seconda cornice. Resta il figlio, cioè la sapienza; e
           S. Agostino ci dice che la nostra dottrina imita la divina sapienza,
           e il lettore ricorda che l'arte segue la natura, "come il maestro fa il
           discente", e che perciò ella è, l'arte o scienza, a Dio quasi nipote.
           (Inf. 11, 104) E dunque è presumibile che nella triade dell'amor
           del male Dante abbia raffigurate, per il contrario, le tre persone
           della Trinità. E così potremmo vedere, partendoci dall'avarizia,
           dell'altra triade. E a ogni modo questo numero ternario, che si
           riscontra nell'amor tripartito, e nella specificazione dell'amore, in
           soverchio, lento e malvagio, basta a giustificare, vedute le altre
           sicure   derivazioni,   la   credenza   che   nel   quarto   grado   del
           purgatorio sia raffigurato in qualche modo il distogliersi dalle
           cose transeunti, e il rivolgersi alla incommutabile unità e trinità,
           la quale ha il suo nesso, come è noto, nell'amore. E ciò, dunque,
           in virtù dello Spirito di fortezza. Il quale è contro il timor de'
           pericoli; e anche questo aspetto è considerato; chè non solo qui
           timido è il voler di Dante, (Pur. 17, 84) ma sono ricordati come
           esempi di funesta accidia il timor dei pericoli che tenne di qua
           della gloria gli Ebrei e i Troiani che non seguirono Giosuè ed

           506   Aur. Aug. Op. X 640 (Contra Secund. Man. X). Ecco una buona fonte per
              provare l'equivalenza, per il contrario, del diavolo al Dio uno e trino. La
              cupidità che si riduce a iniqua volontà, è proprio rappresentata nella faccia
              di mezzo. Vel. pag. 298.


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