Page 465 - La mirabile visione
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novantanove:   tre   donne   del   cielo   con   Dio,   tre   persone   della
           Trinità con Maria, tre fiere con la selva, e tre disposizioni cattive
           col peccato originale, e tre ordini di simboli del male, unicorpori
           biformi e trigemini, e tre ternari d'ordini angelici, intorno all'I, e
           tre furie e un Gorgon, e un'accidia fra tre cerchi e tre cerchietti,
           d'incontinenza e di malizia, e un lento amore tra un amor triforme
           e un amor tripartito, e una ternaria divisione in tenebra e carne e
           veleno,   e   antinferno   inferno   alto   e   basso,   e   antipurgatorio
           purgatorio e Eden, e tre guide a Dante nel gran viaggio, Virgilio
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           Beatrice e Bernardo; tutta questa triplicità   ci ammonisce che
           base   del   poema   dantesco   è   quella   Trinità,   di   cui   pareva   un
           miracolo   Beatrice   giovinetta.   Invero   nelle   Confessioni   di   S.
           Agostino,   libro   che   Dante   ben   presto   conobbe,   è   questa
           dichiarazione della Trinità: "Chi intende la Trinità onnipotente?...
           Vorrei che gli uomini pensassero in sè stessi queste tre cose. Sono
           queste tre cose ben altro che quella Trinità, ma io propongo un
           argomento dove possano esercitarsi e provare e sentire quanto
           siano lungi. Ecco le tre cose:  esse, nosse, velle. Io sono e so e
           voglio: sono sciente e volente, e so d'essere e di volere, e voglio
           essere e sapere (scire). In tali tre cose quanto sia vita inseparabile
           e una vita sola e una sola mente e una sola essenza, e quanto
           infine inseparabile distinzione, e tuttavia distinzione, veda chi
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           può..."   Dante vi s'è esercitato, su questa somiglianza, e ha
           provato e ha sentito quanto s'è lungi, con ciò, da "aver trovato ciò
           che   sopra   lei   è   incommutabile,   ed   è   e   sa   e   vuole
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           incommutabilmente" . Invero quando nella pace del regno di
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           Dio  vede   la  visione  della  Trinità,  meta  del  poema ,  all'alta
           516   Nè è tutta qui. Vedi l'arguto studio di PPetrocchi, Del numero nel poema
              Dantesco in Rivista d'Italia IV 6, pag. 242 sgg.
           517   Conf. XIII 11, 12.
           518   ib. Codesto avverbio è in Dante igualmente. (Par. 33, 144)
           519    ib.  Nemo   sine   pace   videt   istam   visionem.  L'ultima   beatitudine   è
              vulgatamente quella dei pacifici, cui è promessa la visione. Dante fa che sia
              in quella dei mundicordi.


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