Page 451 - La mirabile visione
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purgatorio, quali appariscono negli esempi scolpiti o gridati o
           imaginati, sono nell'inferno punite ai luoghi della violenza, frode
           e tradimento. Dunque loro equivalgono, e così le pene che, per i
           quattro cerchi e gironi superiori, discordano; si richiamano invece
           nei tre cerchietti e nelle tre cornici inferiori: peso e peso, pietra e
           pietra, fumo e fuoco; di più marmo invece di gelo, occhi forati
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           per visi stravolti . Di più: la sferza dei primi e tipici imitatori del
           di   Pasife.   Dall'avarizia   invece   deriva   frode   e   tradimento,   cioè   invidia   e
           superbia: i tradimenti di Carlo d'Angiò, e dell'altro Carlo Giuda, e del nuovo
           Pilato, e Pigmalione traditore e ladro e parricida, e Polinestor, e il folle ladro
           Acam (folle e ladro, come Vanni Fucci).
           Da ciò traggo motivo a ricordare la mia interpretazione della corda gettata a
              Gerione. (Vel. pag. 137 sgg.) Dante si scinge la corda che contiene il
              concupiscibile;   dunque   è   divenuto   (in   apparenza   s'intende),   mediante
              l'accidia, (la quale conséguita i due peccati più propriamente carnali) reo
              d'ingiustizia violenta o d'ira. Al cerchio della violenza sale Gerione dal suo
              regno di frode. Segno, che il violento sta per divenire fraudolento, che il
              leone sta per isparire nella lupa, come la lonza, non presa, diventò leone;
              segno che dopo l'ira viene l'invidia e la superbia; che chi fa il primo passo
              nel male ruzzola spesso sino all'ultimo abisso, se non si contiene sulle
              prime;   che   chi   è   colpevole   d'incontinenza   (la   bestialità   è   per   metà
              incontinenza)   divien   reo   di   malizia;   infine,   e   qui   è   l'esatto   pensiero
              dantesco, che chi commette de' peccati simboleggiati da mostri, è prono a
              commetterne di quelli rappresentati da diavoli. (Vedi a pagina 503 sgg.)]
           491   Vel. pag. 356 sgg. Anche la dolorosa selva è arsa dall'incendio che bolle
              nel primo girone e piove nel terzo. Questo io dissi. Si leggano ora questi
              passi d'un breve e bello studio estetico di Ettore Sanfelice (Eros, Messina,
              Giugno 1901), il quale non conosceva la mia argomentazione  mistica  o
              filosofica: ". . . . il canto XIII dell'Inferno, dove suona quella similitudine, è
              in quantità ben maggiore ricco di armonia imitativa... le parole di Pier della
              Vigna e quelle di Rocco de' Mozzi sono un continuo cigolìo. Ce ne aveva
              già fatti scorti Dante stesso; invano (dedico queste e le seguenti parole a
              quanti per far rimaner male chi cerca e trova, e mostra e insegna, escono a
              dire: io non sento, son sordo; io non vedo, son cieco; io non comprendo,
              sono un pover uomo!); egli nella sua arte meravigliosa assomiglia spesso,
              come qui, a Natura (la sua Musa, aggiungo io, è Matelda, arte figlia di
              natura e nepote di Dio), della quale molte bellezze dissimulano sotto la loro
              perfezione esterna l'arcana intima arte ond'esse hanno vita... (Il canto di


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