Page 449 - La mirabile visione
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anche l'ira passione considerava peccato. Dante che fa vedere
           un'ira   sprone   e   cote   di   fortezza   in   sè   e   Virgilio,   e   un'ira
           magnanima   nell'eroe   che   schiude   le   porte   di   Dite   con   una
           verghetta, crede, con Aristotele, che l'ira passione sia incolpevole,
           e crede, con lo stesso, che questa passione possa ispirare fortezza
           e magnanimità, come, per il suo soperchio, creare l'audacia e
           l'orgoglio, col suo manco, la timidità e la povertà di cuore, e,
           quando sopra il mal voler s'aggueffa, (Inf. 23, 16) fare la cieca
           folle ingiuria contro gli uomini, contro sè, e contro Dio e la natura
           e l'arte. E tutto ciò ha il suggello di questa riprova. Non nasce ira
           in  uno se non c'è disprezzo nell'altro; e non si sente questo
           disprezzo altrui, se non si crede alla propria eccellenza (se non si
           è superbi nel pensiero; ed ecco un'altra ragione della superbia di
           Capaneo).  Ebbene   tutti   i   violenti   o   bestiali,   tutti,   tutti,   sono
           rappresentati da Dante eccellenti o nell'opinion loro o anche nella
           sua: tiranni e ladroni celebri, un gran cancelliere, ricchi uomini,
           un eroe, un nobile maestro, cherci e letterati grandi e di gran
           fama, cittadini degni di riverenza, e, ciò che è più persuasivo
           d'ogni altro fatto, persone con una tasca dove è uno stemma nel
           quale l'occhio dell'usuriere si pasce. Possiamo ben esser certi che
           tutta questa eccellenza suggerì il timore e sospetto di parvipensio,
           e questa l'ira. Con ciò gli usurieri sono anche assomigliati agli
           innominabili avari.
              Persuasivo poi quant'altro mai, è il raffronto tra le pene e le
           figlie dei sette peccati dell'inferno e del purgatorio. La lussuria,
           gola, avarizia e accidia sono in sè brutti peccati; ma ne possono
           generare   di   più   brutti:   così   quando   Dante   getta   la   corda
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           dell'incontinenza, ecco venir su Gerione . Quel gesto è come un
           mito, un'allegoria, una favola, che sta a sè. Eppure la dottrina che
           v'è   nascosta   è   dichiarata   anche   altrove.   Così   gli   esempi   nel

           489    Si domanda, credo: o dopo come fece Dante senza corda? Dio mio! o
              perchè non si domanda, dove, in quei giorni del suo viaggio, Dante mangiò
              e bevve? O non si vuol capire che il buon senso non basta e non vale a
              dichiarare il viaggio ultrasensibile?


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